Genitori e insegnanti: ascoltatevi
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10 aprile 2015 - 15:32, by , in blog, No comments

Oggi vorrei affrontare un tema spinoso osservando la situazione da una posizione privilegiata, ovvero dall’esterno, dunque con meno implicazioni emotive e la giusta distanza per offrire un quadro il più lucido possibile…

C’era una volta la scuola… Un posto quasi incantato dove i bambini imparavano ad apprendere. Certo, qualcuno piangeva i primi giorni per il distacco da mamma e papà, ma poi in linea generale in quell’edificio ogni bambino ha cementato ricordi, credo, perlopiù gradevoli.

La maestra insegnava, si facevano le ricerche, si lavorava in GRUPPO e piano piano quei singoli individui diventavano parte di un insieme. Magari non si andava d’accordo con tutti, la maestra non era sempre la più simpatica, ma alla fine si percepiva di appartenere a un sistema in qualche modo protetto. Si andava in un luogo in cui si stava bene.

C’erano dei compagni di classe molto bravi, altri un po’ meno, si litigava, ma non esistevano bulli perché poi si faceva la pace. La maestra ci rimbrottava, ci metteva in punizione, tutti la riconoscevano come un’autorità da rispettare.I compagni di classe spesso erano addirittura amici! E gli stessi che si azzuffavano qualche volta, magari erano amici e sapevano chiarirsi

C’erano i genitori, che ruolo incredibile quello dei genitori! In quegli anni così lontani partecipavano alle attività della scuola, accompagnavano i bambini in piscina, andavano alle gite, organizzavano riunioni. E quando scoprivano dei litigi dei figli, li punivano. Già, non andavano a prendersela con gli altri genitori, ma rimproveravano prima i loro bambini.

E in quella scuola c’erano la maestra e i genitori. Quasi due lati della stessa medaglia per i bambini, due ruoli ben distinti, eppure così vicini. Con un denominatore comune: “se lo dicono loro allora va bene”. E quei bambini spesso non erano d’accordo con il loro insegnante e tornavano a casa dispiaciuti, dicendo a mamma e papà che la maestra non era stata corretta, che non meritavano quella punizione. Si, perché in quella scuola i voti erano una parte marginale, il comportamento era molto importante, forse perché per apprendere contava vedere cosa si sapeva e come ci si comportava, non solo che voto si prendeva.

Però i voti, anzi i giudizi in quella scuola, erano importanti. Era bello tornare a casa con un bel giudizio e con i complimenti, caspita se era bello! E quanto era bello aiutare anche chi faceva un po’ più fatica. Quanto era stimolante fare i compiti assieme nei pomeriggi, aspettando che arrivasse il momento della pausa per giocare e bere il the o la cioccolata. E in quei momenti non c’era più bravo o meno bravo, tutti avevano uno spazio. Anzi, la maestra e i genitori stimolavano a cooperare e aiutare chi aveva più difficoltà.

Se si arrivava a casa con una nota della maestra si pagava una penitenza. Poi magari i genitori potevano non essere d’accordo con la nota e andavano a chiedere spiegazioni all’insegnante, ma all’ insaputa del figlio perché l’autorità della maestra era sacra. E la stessa cosa capitava con gli allenatori: il papà non si permetteva di criticarlo, anche se magari anni dopo avrebbe ammesso che “quello lì era un’incapace”!

E gli insegnanti… Innamorati dei loro alunni, riuscivano a trasmettere passione e voglia di apprendere.

Le persone possono avere talento in tantissimi campi, gli studenti possono avere meno talenti da spendere a scuola e se sono considerati solo in base al voto e non alle capacità, si compie un errore che non porterà a nulla.

Una volta, se c’era un problema si cercava assieme una soluzione e c’era un unico motivo: il benessere dei bambini. I genitori, gli insegnanti a volte erano duri, ma c’era chiarezza dei ruoli. I bambini sapevano che non c’era chi li proteggeva a ogni costo, ma nemmeno chi li attaccava a ogni costo!

Non era il paese dei balocchi, sono passati solo 20/30 anni da quei momenti!

Ora che succede? Lo scaricabarile delle “colpe”! È  iniziata una guerra in cui è sempre colpa di qualcun altro.

“L’insegnante non fa il suo dovere” dice il genitore, “I genitori non ci sono d’aiuto” dicono gli insegnanti, “NESSUNO MI CAPISCE” dicono i ragazzi. Spero vi renderete conto che questa guerra sta intossicando le vite di una generazione di ragazzi che sta crescendo con più paure, insicurezze e meno consapevolezza di sé.

Ogni giorno vedo ragazzi DEMOLITI dalla scuola, ma non dalla scuola come istituzione, ma da tutto quello che rappresenta. Sono demoliti dai compiti a casa (tantissimi), dai genitori che li valutano in base ai voti, da una competizione assurda che si genera fin dai primi anni, per cui sembra che il voto sia la cartina tornasole del valore.

I bambini hanno il diritto di crescere, di sbagliare e gli adulti (qualunque sia il loro ruolo) hanno il compito di accompagnarli.

Il mio consiglio è: ASCOLTATEVI. Vedo gente intenta a parlare e a dire le proprie ragioni, ma quanti si fermano e ascoltano le ragioni degli altri?

Mi piacerebbe che questo articolo fosse un punto di partenza, vorrei che gli insegnanti leggessero e capissero che dietro la rabbia dei genitori c’è spesso l’idea di non essere ascoltati. Credo sia umano che ogni mamma o papà voglia solo che il proprio figlio sia tutelato o quantomeno rispettato. I genitori non ce l’hanno con gli insegnanti, al massimo sono arrabbiati per non sentirsi ascoltati dalle istituzioni. I genitori hanno paura e questa non è mai una valida consigliera, anche perché viene trasmessa ai figli.

Se ognuno parla e nessuno ascolta non si va da nessuna parte. Un accordo, un punto di contatto è l’unico modo per crescere e diventare persone migliori. Prima o poi, infatti, si smette di essere studenti e rimane la persona che nel frattempo si è costruita.

E voi.. Cosa vi ricordate della vostra scuola?

La conoscenza che viene acquisita con l’obbligo non fa presa nella mente. Quindi non usate l’obbligo, ma lasciate che la prima educazione sia una sorta di divertimento; questo vi metterà maggiormente in grado di trovare l’inclinazione naturale del bambino.”  Platone

 

Vi lascio con questa meravigliosa scena tratta dal film “Coach Carter”

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