Questo articolo è una storia:
la storia di una ventina di persone che ogni giorno, appena si svegliano hanno una sfida da affrontare.
Bè a dire il vero, ognuno di noi ha la sua sfida personale, che può riguardare diversi ambiti della vita.
Ma quando la sfida in questione riguarda la salute, tutto il resto, tutto quello che può essere stato importante fino a quel momento, può perdere il suo valore.
I sogni possono ingrigirsi, e le speranze non riguardano più i progetti personali, sportivi o lavorativi.
L’attenzione, il focus sono rapiti da qualcosa di più grande.
Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa, ad evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge, principalmente, alcune funzioni quali il controllo dei movimenti e dell’equilibrio.
Nella malattia di Parkinson però, si possono presentare anche disturbi non motori, che possono esordire molti anni prima della comparsa dei sintomi motori.
Si evidenziano più spesso nelle fasi iniziali della malattia e con frequenza massima in quelle più avanzate. I sintomi non motori più frequentemente osservati sono: i disturbi vegetativi, dell’olfatto, del sonno, dell’umore e della cognitività, la fatica e i dolori.
Le strutture coinvolte nella malattia di Parkinson si trovano in aree profonde del cervello, note come gangli della base, che partecipano alla corretta esecuzione dei movimenti ma non solo. La malattia di Parkinson si manifesta quando la produzione di dopamina nel cervello cala consistentemente. I livelli ridotti di dopamina sono dovuti alla degenerazione di neuroni, in un’area chiamata Sostanza Nera e la perdita cellulare è di oltre il 60% all’esordio dei sintomi.
Vi abbiamo parlato settimana scorsa in questo articolo di “neurogenesi” e di come nuove cellule cerebrali possano nascere attraverso l’allenamento mentale.
Ma perché vi sto raccontando questa storia?
Per due motivi:
Ci sono andata io quest’anno, per la prima volta; ed è per questo che ho scelto di raccontarvi questa storia.
Perché a differenza di come mi aspettassi e di come voi potrete aspettarvi, ho conosciuto una ventina di persone, che hanno da subito messo in chiaro una cosa.
Non sono malati di Parkinson.
Sono Parkinsoniani.
Loro sono come di un’altra specie, come se non appartenessero più alla razza umana, questi esseri straordinari si mettono in gioco, affrontano le sfide di ogni giorno sapendo di averne una in più degli umani ma allo stesso tempo hanno qualcosa che gli umani spesso si dimenticano di avere: il sorriso.
Non ero lì da neppure mezz’ora quando queste persone hanno iniziato a ricordare i nomi di tutti gli altri partecipanti, che hanno continuato a ricordare per tutti gli incontri successivi.
Hanno cambiato il loro modo di vedere le cose, hanno memorizzato parole, numeri, vocaboli stranieri, liste della spesa e si sono messi in gioco per davvero.
Quello che vi ho detto all’inizio dell’articolo è ancora vero per loro: molte cose che erano state importanti ora non lo sono più.
Ma hanno scelto di allontanare le cose negative, invece di quelle positive.
Ricorderò per sempre le parole di Claudia, che ogni giorno si allena a scrivere e che dopo cinque anni, riesce ancora a farlo e anche molto bene.
Mi commuovo ancora quando penso a Valeria, un’umana, moglie di Roberto, che gli è stato vicino durante il corso e ha accolto i miei esercizi facendo il più bel BrainStorming mai esistito: “Voglio trovare 300 modi per farlo sorridere”.
La nostra attenzione può farsi rapire di continuo, ma se le insegneremo a farsi rapire dalla gioia, non avrà posto per concentrarsi sul resto.
A volte non possiamo limitare le nostre sfide, ma possiamo sfidare i nostri limiti!
Un grazie di cuore va ai Parkinsoniani, uno all’associazione e un altro alle persone che ne fanno parte: