Frase ricorrente in tutte le famiglie del ventunesimo secolo: “Come è andata a scuola?”. E in quella frase ci sono una serie di implicazioni psicologiche non indifferenti. In quella semplice e banale frase risiedono la maggior parte delle problematiche che insorgono nella relazione tra genitori e figli. È come se all’improvviso l’unica forma di “rispetto” o legame diventasse il risultato scolastico.
Per ogni figlio: opinioni, pareri, giudizi dei genitori ricoprono un ruolo fondamentale, tanto è vero che i ragazzi cercano costantemente il loro riconoscimento e vogliono, almeno quando sono più piccoli, evitare quanto più possibile di arrecare delusioni.
In questo modo, pare evidente che la motivazione scolastica possa dipendere molto dalle aspettative di mamma e papà. Che lo si faccia in maniera intenzionale o in modo inconsapevole, ogni genitore esprime sempre le proprie aspettative riguardo i figli (basta anche una semplice espressione di fronte alla pagella).
Queste aspettative modificano a un livello profondo la motivazione e l’autonomia del ragazzo e l’ambito familiare risulta l’ambiente in cui principalmente emergono gli stimoli a imparare.
A questo proposito è importante notare che è impossibile vivere in totale assenza di aspettative, ma bisogna stare molto attenti a non generare aspettative troppo alte, che possono creare forte delusione, oppure produrne troppo basse, limitando il potenziale del ragazzo.
Per vivere al meglio la crescita di un figlio trovo sia molto produttivo ridefinire le priorità, ovvero togliere dalla cima della lista il suo successo scolastico. In fondo, ogni genitore desidera solo la felicità del proprio ragazzo ed è risaputo che non esiste nessun legame diretto tra successo scolastico e riuscita nella vita. Anzi, spesso nel mondo del lavoro vengono ricercate caratteristiche quali perseveranza, leadership, creatività e determinazione, che non vengono direttamente insegnate a scuola.
Ma allora cosa fare?
EVITATE LE SCUSE. Sempre più spesso i genitori dissimulano le difficoltà dei figli, magari mettendosi sulla difensiva e creando degli alibi a cui i ragazzi inevitabilmente si aggrappano.
Uno dei problemi di questi anni diventa quindi la difficoltà di cooperazione tra famiglie e istituto scolastico. Frasi come: “Il professore non spiega bene”, “È colpa dell’insegnante”, aiuteranno il ragazzo a non assumersi le responsabilità di quello che fa.
Non sto dicendo che la scuola non abbia responsabilità, anzi anche gli insegnanti e gli educatori dovrebbero svolgere un costante lavoro di autoanalisi per capire in che direzione sta procedendo l’evoluzione degli studenti, ma criticare apertamente l’operato degli enti scolastici dinanzi ai propri figli non crea un grande risultato. Cercate di inculcare ai ragazzi il rispetto per i ruoli, fate loro capire che anche un insegnante può sbagliare, ma, soprattutto, aiutateli a comprendere quale sia il loro ruolo in quello che accade.
VALORIZZATE L’APPRENDIMENTO. Fate capire a vostro figlio quanto sia importante imparare cose nuove. Senza dirlo troppe volte! Piuttosto dedicate del tempo a imparare, leggere, informarvi. I figli imparano dal vostro esempio e più vi vedono coerenti, più vi vogliono imitare.
ALLENATELI A FARE DA SOLI. Evitate di sostituirvi a loro, allenateli a fare i compiti in autonomia e, quando li aiutate, fate in modo di essere un supporto e non il braccio delle azioni. Per intenderci NON FATE I COMPITI AL POSTO LORO per paura delle conseguenze.
Spesso la paura del giudizio è più delle famiglie che dei ragazzi! Spesso sono mamma e papà a dirsi “chissà cosa ne penseranno gli altri se nostro figlio…” e questo genera in tutta la famiglia un’ansia da prestazione elevatissima.
I figli non sono solo studenti, hanno un sacco di qualità. Non permettete a una parte della loro vita, seppure molto importante come la scuola, di manovrare le vostre esistenze e il pensiero che avete di loro.
Troppo spesso vedo bambini fare i compiti perché costretti dai genitori, ma ricordate che l’essere troppo autoritari, oltre a incrinare i rapporti in famiglia, crea dei profondi problemi di motivazione.
Spesso infatti il genitore autoritario è troppo legato al suo desiderio di risultati. Tuttavia pretendere una cieca obbedienza da parte dei figli o punire in maniera forte in caso di insuccesso o non conformità alle regole prestabilite (spesso concepite solo nella vostra testa e non rese palesi), crea un unico risultato: insoddisfazione nel ragazzo e perenne frustrazione in famiglia. E la cosa ancora più devastante è che non produce alcun cambiamento positivo sulla motivazione a scuola: il ragazzo farà le cose solo per evitare la punizione e non perché davvero lo sceglie.
Quindi allenatelo anche a capire che sbagliare fa parte del percorso e allenate anche voi stessi a sbagliare e ad accettare che a volte le cose non vanno esattamente come vogliamo.
Siate strumenti di sostegno, aiutateli ad accrescere i loro punti di forza e a imparare dagli errori che sicuramente faranno. E soprattutto, per quanto difficile, accettate il fatto che la scuola è una loro attività, non la vostra. Se fate questo riuscirete a eliminare buona parte dell’ansia da prestazione che loro vivono, perché inizieranno a fare le cose per loro stessi e non per vedervi felici.
“Per favore, lasciami riflettere, sbagliare e provare la soddisfazione di riuscire. Allora avrò voglia di ricominciare ancora e ancora, anche se è dura. Non avere paura, dammi fiducia, ammetti che funziono in un modo diverso da te e che posso arrivarci alla mia maniera. Restami vicino lo stesso, incoraggiami, sostienimi quando le cose sono troppo difficili. Ho solo bisogno di una guida che mi accompagni lungo il mio cammino”. Jean Siaud-Facchin
1 commento on "Compiti e ansia da prestazione"
Meraviglioso articolo è meraviglioso epilogo ..grazie Ale ....!!!