“In proporzione alla nostra massa corporea, il nostro cervello è tre volte più grande di quello dei nostri parenti più prossimi. È rischioso e doloroso dar nascita a questo enorme organo, dispendioso plasmarlo e, in un essere umano a riposo, esso utilizza all’incirca il venti per cento dell’energia del corpo nonostante costituisca soltanto il due per cento del peso corporeo. Dev’esserci una ragione per tutto questo costo evolutivo”.
Così scrive la dottoressa Susan Blakemore.
Ora, detto tra noi, viene da chiedersi per quale motivo l’evoluzione abbia fatto tutto questo per dotarci di una macchina straordinaria, della quale, secondo molti esperti, sfruttiamo solo il dieci per cento.
Un momento. Ma qualcuno di voi sa per caso chi sono questi esperti?
Secondo un sondaggio della Michael J.Fox Foundation for Parkinson’s Research, negli Stati Uniti si crede maggiormente al fatto che tutti noi ci portiamo dietro un novanta per cento di cervello inutilizzato, che alla teoria dell’evoluzione.
Eppure, nonostante questa credenza sia da quasi cento anni comunemente accettata, non esiste nessuna prova scientifica che lo dimostri o giustifichi.
Anzi, le prove lasciano pensare che sia tutto il contrario.
Anche una piccola lesione cerebrale, può creare traumi significativi. Se ci fossero delle aree non utilizzate nel nostro cervello, col tempo l’evoluzione le avrebbe eliminate, e non fatte crescere e moltiplicare, questo avrebbe permesso un enorme risparmio energetico. Tecnologie come la tomografia a emissione di positroni e la risonanza magnetica funzionale, che permettono di monitorare l’attività cerebrale, rivelano che tutte le parti del cervello, nell’arco delle 24 ore possono entrare in attività.
Non è chiaro nemmeno da dove nasca questa leggenda. Alcuni pensano che questo enorme malinteso sia dovuto alla prefazione, scritta da Lowell Thomas, al libro di Dale Carnagie How to win friends and influence people (1936), nella quale si riporta, in modo non corretto, una teoria di William James, padre di una corrente della psicologia definita funzionalismo. Altri la attribuiscono ad Albert Einstein, nonostante non se ne trovi traccia nei suoi scritti.
Ma allora cosa ci ha spinti per decine e decine di anni a credere a questa infondata teoria?
Forse l’idea che potremmo fare molte più cose, e possedere poteri straordinari se trovassimo il modo di attivare quel restante novanta per cento, ci ha resi un po’ creduloni.
Sono in molti a sognare una pillola miracolosa che (eliminati gli effetti collaterali) ci permetta di risvegliare quella parte che ci hanno detto addormentata nel nostro cervello.
No cari lettori, la pillola magica non esiste, e se esistesse, probabilmente dovreste comunque dimenticare gli strabilianti effetti che nel film Lucy la bella Scarlett Johansson sperimenta dopo essere stata “drogata”.
E quindi cosa ci resta da sperare? Il cervello di tutti noi sta già funzionando al massimo e non ci sono possibilità di miglioramento?
Calma calma, un conto è che la macchina sia messa in moto, un altro è che il pilota sia abbastanza preparato per sfruttarla al meglio.
Quand’è l’ultima volta che hai cambiato l’olio? Quando hai seguito l’ultimo corso di guida veloce?
Ok forse la metafora mi sta un po’ prendendo la mano, torniamo a noi.
Le diverse aree del nostro cervello hanno delle funzionalità specifiche. Queste funzionalità possono aiutarci a svolgere attività consce e inconsce. In molti casi sappiamo così poco di quelle che sono le nostre capacità, da non prenderci la briga di allenarle.
A volte basta avere una semplice strategia, per scoprire di poter fare cose che avremmo creduto degne di uno dei film di fantascienza sopra citati.
Niente scuse quindi, il potenziale racchiuso nella nostra scatola cranica non ci è proibito. Anzi sono così numerose le possibilità che abbiamo, che il rischio è di “perdersi”, e passare la vita a sognare dei superpoteri, al posto di allenare quelli che già abbiamo.