Apprendimento vs Insegnamento: Ovvero come l’apprendimento può essere un procedimento efficace
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26 marzo 2015 - 15:36, by , in blog, No comments

Il titolo di questo articolo può apparire strano, eppure queste due attività sono molto più diverse e lontane di quanto si possa normalmente immaginare.

L’apprendimento è un processo DETERMINATO del soggetto che apprende, durante il quale egli modifica se stesso, modifica le proprie mappe mentali; è frutto di una scelta consapevole e della sua cultura ed esperienza precedente.

L’input venuto dall’esterno può generare un disequilibrio, una crisi che mette in moto un meccanismo di riorganizzazione interna. Ma l’input deve essere vissuto in modo cosciente come elemento di disequilibrio. Pertanto l’apprendimento è un percorso consapevole del soggetto.

In relazione all’ambiente circostante l’individuo riorganizza la propria rete concettuale e inizia un percorso di allenamento del cervello. La conoscenza infatti non è presente nella nostra mente come una somma di informazioni, ma è un percorso spesso a ostacoli.

L’apprendimento non è lineare, ma avviene per salti e “catastrofi”. L’apprendimento, infatti, è un continuo “distruggere” qualcosa di precedente, per poi costruire qualcosa di nuovo che incrementi le nostre capacità e la nostra esperienza.

Il ruolo dell’insegnante è di creare le condizioni affinché l’apprendimento possa avvenire. Creare quelle situazioni che generino crisi e obblighino l’altro a mettersi in discussione. Chiaramente sto parlando di un apprendimento significativo e non di una semplice acquisizione, la maggior parte delle volte passiva, di un’informazione, come ad esempio guardare la tv.

L’obiettivo di un insegnante dovrebbe essere quello di creare un ambiente (non necessariamente fisico) di apprendimento, grazie alla propria capacità comunicativa; un ambiente ricco che permetta a chi sta imparando di avere un ruolo attivo, un ambiente personalizzato in cui la persona possa avere la libertà di esprimersi.

In tal senso, un elemento centrale per chi insegna è la capacità di ascolto oltre alla competenza didattica e disciplinare. Uno dei principi fondamentali della comunicazione è, infatti, l’ascolto! Banalmente se abbiamo due orecchie e una sola bocca un motivo ci dovrà pur essere. Ecco allora che l’insegnante che si mette nella condizione di ascoltare e capire i bisogni dei ragazzi, riesce in questo modo a produrre risultati di gran lunga migliori sia a livello di qualità sia a livello di soddisfazione.

Se facciamo un rapido calcolo numerico di cosa fa un bambino che frequenta la scuola primaria in una settimana tipo troviamo dei numeri abbastanza sconcertanti. Delle 168 ore di ciascuna settimana i ragazzi ne dedicano circa 56 al sonno; restano quindi 112 ore alla settimana da dedicare a sé stessi. Essi poi, secondo recenti sondaggi, guardano 55 ore la settimana di televisione; il che lascia loro 57 ore la settimana per crescere.
Gli alunni frequentano la scuola per 30 ore la settimana, impiegano circa otto ore per prepararsi, andare e tornare da scuola, e passano in media sette ore la settimana per fare i compiti per casa – per un totale di 45 ore. Durante questo lasso di tempo essi sono costantemente sorvegliati, non dispongono di tempi o spazi personali e, se cercano di rivendicare la propria individualità nell’uso di tempi e spazi, vengono messi in riga. Questo riduce a 12 ore la settimana il tempo da dedicare alla creazione di una propria coscienza.
Naturalmente i ragazzi si nutrono, e la cosa richiede anch’essa del tempo – non molto, poiché ormai si è persa la tradizione del consumo dei pasti in famiglia. Se assegniamo 3 ore la settimana per i pasti serali, otteniamo un totale netto di 9 ore a bambino di tempo personale. Mi sembra un numero raccapricciante!
Un bambino non può avere poco più di un’ora alla settimana per potersi esprimere liberamente e avere a questo proposito la possibilità di apprendere, conoscere e conoscersi!

Ormai due istituzioni controllano quasi costantemente le vite dei nostri bambini: la televisione e la scuola, in quest’ordine. Entrambe riducono il reale mondo di conoscenza, forza, temperanza e giustizia a un’infinita astrazione in continuo movimento.

E costantemente proprio a causa di questo, i bambini cominciano ad avere difficoltà cognitive e via via sempre meno voglia di sperimentare. Vivono in un mondo accelerato, spesso non reale e a quel punto diventa complicatissimo per loro rallentare per andare in profondità nelle cose!

Allora cosa fare?

  1. Mettiti sempre nella condizione di imparare, ancor prima di insegnare.
  2. “Dimenticati” di essere un esperto di quella materia quando la persona davanti a te dimostra di non aver capito.
  3. Ricordati quale emozione ti muove nel fare quello che fai.
  4. Allena e allenati alla libertà, alla curiosità e alla responsabilità.
  5. Guarda le cose da un punto di vista diverso, con coraggio e determinazione.

E visto che ci siamo…

 

 

Alla prossima puntata…

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