Chiara Vescovi, tutor e collaboratrice di EgoFormazione, scrive oggi per la prima volta sul nostro blog e ci immerge nel mondo della creatività. Tutti ne siamo dotati. Per riuscire a esprimerla al meglio – ci racconta – è necessario imparare ad affrontare la paura di rischiare.
“We must risk delight.
We must have the stubbornness
to accept our gladness in the ruthless
furnace of this world”.
“Dobbiamo rischiare la meraviglia,
dobbiamo avere l’ostinazione
di accettare la nostra contentezza nella spietata
fornace di questo mondo”.
Jack Gilbert, Refusing Heaven
Digitando la parola “meraviglia” su Google si ottengono 9.380.000 risultati in 0,39 secondi.
Ricercando “creatività” in 0,45 secondi si è in grado di accedere a 12.500.000 contenuti.
Scrivendo “Paura della creatività” appaiono 935.000 risultati in 0,42 secondi e una frase che salta all’occhio immediatamente:
“Per vivere una vita creativa dobbiamo perdere la paura di sbagliare” (Joseph Chilton Pearce).
Quando la paura dell’errore e del pensiero fuori dagli schemi sono entrate a far parte della nostra quotidianità?
Nel 2004 Tom e David Kelley pubblicano per l’Harvard Business Review un articolo intitolato Reclaim your creative confidence: reclamate la vostra fiducia creativa.
Secondo il loro studio appena nati non possediamo alcuna inibizione creativa: siamo geneticamente predisposti alla scoperta e alla ricerca della meraviglia.
Questa capacità non scompare con il tempo ma si assopisce, resa latente da anni di socializzazione e di educazione, durante i quali veniamo molto presto divisi in due macro-categorie: i “creativi” e i “non creativi”, o meglio “coloro a cui è data la possibilità di essere creativi” e chi “è meglio che si dedichi ad altre attività”.
È nell’istante in cui (consciamente o inconsciamente) qualcuno ci dà o ci nega il permesso di essere creativi che la nostra naturale tendenza alla creazione si sostituisce con la razionalità in senso stretto: si innesta per la prima volta la paura di non essere abbastanza.
E dal quel momento in poi ogni volta in cui ci avviciniamo ad una nuova e diversa esperienza la nostra mente si annebbia e cominciamo a pensare:
Sarà alla mia portata? Sarò abbastanza forte? E se non avessi il talento necessario? Se poi le persone mi dovessero giudicare? E se non portassi a termine il progetto? Se dovessi rinunciare a troppe cose? In fondo queste novità non mi servono, giusto? Meglio concentrarsi su qualcosa che mi viene meglio…
Elizabeth Gilbert nel suo libro BIG MAGIC- Vinci la paura e scopri il coraggio di una vita creativa, definisce la paura come un’entità ipersorvegliante e iperprotettiva, una sorta di guardia giurata che in realtà si crede agente delle forze speciali e tenta di prendere il sopravvento in ogni situazione.
Paura e creatività, continua la Gilbert, sono però figlie dello stesso grembo: la paura e la razionalità non sono elementi necessariamente negativi, spesso ci sono, anzi, essenziali.
È importante imparare a fare spazio alla paura e condurla insieme a noi nel viaggio verso la scoperta della meraviglia, si deve solo mantenere l’accortezza di non lasciarle prendere il comando: non può consultare le mappe, non può guidare, ha il solo compito di imparare a convivere con la vera guida del nostro viaggio, la creatività.
La prima tappa del nostro itinerario a questo punto non potrà che essere una: lo stupore.
La capacità di provare ancora stupore è essenziale nel processo della creatività.” (Donald W.Winnicott)
Lasciarci la possibilità di stupirci significa aprirci al cambiamento: essere preparati all’ondata di novità di cui il nostro animo e la nostra mente necessitano per rinnovarsi.
Esiste nello studio delle neuroscienze un concetto chiamato neuroplasticità: esso dimostra che ogniqualvolta impariamo qualcosa di nuovo, ogni volta in cui riceviamo stimoli di stupore tali da apportare in noi un vero cambiamento, anche il nostro cervello si altera.
Ogni nuova esperienza modifica l’assetto della nostra materia grigia che per funzionare la meglio si riorganizza e, conscia delle nuove informazioni, ci fornisce un quadro più corretto e specifico della realtà.
Silvano Arieti nel suo libro Creatività, la sintesi magica scrive che il processo creativo si svolge sotto una traccia predisposta: accediamo a materiali inconsci presenti nella nostra mente (processo primario) che solo in un secondo momento vengono dirottati verso e attraverso pensieri logici (processo secondario).
La magia della creazione, la linfa della creatività, non viene da fuori, non sono ispirazioni esterne che ci colpiscono e ci travolgono: è la nostra stessa mente ad emanare la magia, se solo le lasciamo lo spazio per farlo.
Ma come poter raggiungere tutto questo?
Passando alla seconda tappa del viaggio alla scoperta del meraviglioso: l’accettazione del rischio.
Rischio e creatività sono strettamente collegati.
In un articolo apparso su Forbes nel 2011, Steven Kotler ci mette al corrente del fatto che Einstein adorava navigare ma che non sapeva assolutamente nuotare. I giornali dell’epoca riportano di moltissimi salvataggi fortuiti dello scienziato che, incurante della sua incolumità, si metteva per mare. Einstein era sicuramente un uomo fuori dal comune e altrettanto sicuramente era un genio nel campo della creatività: che queste sue uscite per mare altro non fossero se non un allenamento al superamento delle sue paure? Una risposta alla sua sete smodata di meraviglia? Un tentativo di esercitare la sua creatività?
Allenare la creatività non è impossibile e non necessariamente serve rischiare la vita per farlo.
Esistono numerosi piccoli trucchi che si possono provare e uno particolarmente efficace è l’utilizzo sistematico della tecnica del brainstorming: si tratta riservare qualche minuto della propria giornata alla ricerca di soluzioni inusuali per problemi comuni.
È una tecnica per la quale è fondamentale divertirsi: è necessario sognare ad occhi aperti, darsi la possibilità di lasciare andare i propri pensieri senza alcuna costrizione razionale.
Troppo spesso aspettiamo il permesso di qualcuno per fare le cose, troppo spesso ci ritroviamo ad attendere chissà quale segnale, troppo spesso ricerchiamo smodatamente la perfezione.
Cominciamo a fare: un passo alla volta, rischiamo e cominciamo.
E durante il nostro viaggio, in fondo senza fine, teniamo sempre a mente un monito:
“Smettiamo di credere che ciò che abbiamo dentro sia inutile e imbarazzante… ci sbagliamo!
Dentro di noi c’è qualche cosa che vale moltissimo!
…non ce lo dimentichiamo mai!” (L’Attimo Fuggente)