Il successo è come un iceberg
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15 giugno 2016 - 21:29, by , in Crescita, 1 comment

Esattamente un mese fa, il 15 Maggio 2016 ho realizzato un mio sogno, sono salita su un palco per fare una gara di Bodybuilding.

Il successo come spesso si dice è simile a un iceberg, quello che si vede, è solo la punta, sotto, sul fondo del mare, ci sono tutte quelle azioni invisibili agli occhi delle persone ma allo stesso tempo fondamentali per arrivare al risultato.

Non voglio raccontarvi del successo, o meglio, non farò un articolo autocelebrativo, non è mia intenzione.

Voglio raccontarvi di quello che nessuno dice, che nessuno racconta, i segreti che permettono di raggiungere gli obiettivi.

Avevo soltanto 16 anni quando incontrai per la prima volta una vera bodybuilder, non era assolutamente una donna enorme e con una muscolatura sproporzionata come l’intera umanità crede che le donne che fanno questo sport siano.

Era semplicemente perfetta, non era altissima, non era giovane, si chiamava Claudia ed era semplicemente seduta a mangiare una fetta d’anguria con il suo compagno nel chiosco di frutta nel quale facevo la cameriera.

È stato guardando la sua perfezione che ho pensato a questo sport per la prima volta come uno sport che mi sarebbe potuto piacere.
Mi spiego, la sua bellezza era oggettiva, e l’avevano notata tutti.
Ma non era la sua bellezza, la sua tonicità o la sua muscolatura a far sì che le persone la guardassero.
Erano i suoi occhi, così pieni, così decisi e così sicuri. Lei lavorava per sé stessa, e nulla le importava del giudizio altrui.
Qualcuno andò a farle qualche domanda, ma io restai da parte, non mi sentivo neppure all’altezza di poterle rivolgere la parola.
Ma ascoltai tutto, per filo e per segno.

Non avrei mai pensato che un giorno, di qualche anno dopo avrei potuto raggiungere i suoi stessi risultati.

Iscrivendomi in palestra, a quell’età, con la tipica mentalità da sedicenne che voleva tutto e subito, non è difficile pensare quanto tempo rimasi concentrata sull’obiettivo.

Ovviamente, senza una guida, senza competenze e senza costanza non ottenni nulla, se non una profondissima frustrazione.

Non amavo il mio corpo, non lo avevo mai fatto.
Non sono mai stata capace di guardarmi allo specchio e di sorridermi o di complimentarmi con me stessa.
A dire il vero detto così è un po’ riduttivo.
La verità è che io lo odiavo proprio il mio corpo, non mi piaceva, non mi sentivo a mio agio, mi vedevo brutta e i complimenti che ricevevo alimentavano la mia rabbia nei confronti di me stessa.

In quegli anni poi, il linguaggio che utilizzavo con me stessa era realmente distruttivo.

Io quel risultato però lo volevo e iniziai a fare tentativi, diete iperproteiche, allenamenti alla morte, deplezione di cibo, digiuni, creazioni di fami nervose, di fatiche inutili e di rinunce.

Rinunciai.

Avevo fallito, anzi ero una fallita. Questo era quello che continuavo a ripetermi.

La mia vita andò avanti però, come quella di tutti.
Mi portavo dentro un dolore gigantesco che era stato generato da eventi precedenti e che mi aveva portata a odiare il mio corpo, in più avevo visto che quello che volevo esisteva e che io non ero stata in grado di raggiungerlo.

Imparai con il tempo che sorridendo potevo riuscire ad affrontare le sfide che mi capitavano con molta più forza, e che quella rabbia in qualche modo mi era stata utile per poter crescere.

Non ero una cima, non ero brava a scuola, non credevo di essere particolarmente intelligente dati i pessimi risultati scolastici e in più ero brutta.

In realtà non lo ero, ma ero convinta di esserlo, e quando non ci si ama, è difficile farsi amare dagli altri, perché si vive male con sé stessi, con ciò che capita, e con il mondo intero.
Mi arrabbiavo per nulla, anche se nella mia mente i motivi erano serissimi e non ero una ragazza facile da gestire.
Credo anche di essere stata tra le peggiori figlie che dei genitori potessero desiderare.

Ma un bel giorno, accadde qualcosa di speciale.

Il 28 Novembre del 2011, ero seduta in fondo a una classe, all’ultimo banco.
Era l’anno della mia maturità e i miei pensieri riguardavano moltissimi temi interessanti, ma nessuno di questi riguardava la scuola.
L’unico desiderio che avevo nei confronti della scuola era che finisse in fretta, smettendola di torturarmi.
La mia carriera scolastica era costellata di insuccessi, ero stata bocciata più volte di quante fossi stata promossa, (per chi se lo sta chiedendo ero in quinta grazie al recupero anni).
Odiavo la scuola, mi sentivo frustrata, non riuscivo a seguire le lezioni senza distrarmi.
Ormai avevo consolidato una forte convinzione: ero stupida.
E in realtà non mi dispiaceva neanche un po’ per i risultati scolastici, mi dispiaceva solo aver deluso i miei, per non essere stata la figlia che avrebbero voluto.

A dire il vero, lo dico con il senno di poi, non credo che nessun genitore creda davvero che i propri figli non valgano o che non siano abbastanza solo perchè non “vanno bene” scuola, o perchè non seguono le loro orme.

Quello che accade però è che i ragazzi spesso credono a questo, studiano per i voti e per i genitori; e quando realizzano che quello che avrebbero potuto imparare non solo era utile, ma anche interessante, è tardi.
Non per impararle ovviamente, per quello non è mai tardi.
E’ tardi per vivere la scuola e più in generale quegli anni con gioia, con serenità e con interesse.

Io ero una di quei ragazzi, come ce ne sono tanti, bravissima a sbagliare!

Quel 28 Novembre mentre aspettavo il professore di astronomia, stava per succedere qualcosa che mi avrebbe cambiato la vita:
nella mia classe non entrò il professore, ma un simpatico sconosciuto che in pochi minuti catturò la mia attenzione con esercizi di memorizzazione.
Ero sbalordita!!
Giovanni aveva memorizzato una sequenza di 20 cifre in meno di 30 secondi.

Quella mattina mi offrì la possibilità di partecipare a un corso di apprendimento efficace, in un solo weekend avrei potuto imparare tutto quello che non mi sarei neanche mai aspettata di poter imparare.
Avrei potuto studiare senza fatica, arrivare alle interrogazioni e alle verifiche senza ansia, capendo come gestire il mio stato d’animo e avendo il pieno supporto del mio cervello.

Quel giorno scoprii che qualcuno che neanche mi conosceva credeva nelle potenzialità del mio cervello.
Per la prima volta conobbi qualcuno che credeva in me, semplicemente.

Ovviamente decisi di iscrivermi a quel corso, che oltre a cambiarmi la percezione dello studio e della scuola, facendomi ottenere una marea di risultati, fu in grado di cambiarmi la percezione nei confronti di me stessa e mi aprì una porta…

Da quel momento in poi qualcosa si sbloccò dentro di me, capii che in realtà non ero stupida, e che avevo soltanto bisogno di essere guidata per ottenere risultati.

Dopo aver fatto questa meravigliosa scoperta diventai inarrestabile, iniziai a studiare, a mangiare letteralmente libri, ad affamarmi di cultura, desiderosa di imparare di mettermi in gioco e di ricominciare a credere nei risultati a cui avevo rinunciato ormai da tempo.

Decisi di collaborare con EgoFormazione e iniziai un percorso per crescere professionalmente in quell’ambito, per permettere a molti altri di cambiare le proprie prospettive e di ottenere risultati grazie al proprio potenziale mentale.

Mi iscrissi al Master in Coaching di Ekis, e decisi di intraprendere il percorso per diventare una Mental Coach.

Mi iscrissi a molteplici corsi sul Fitness, sul Bodybuilding, sull’allenamento e sull’alimentazione e ricominciai ad allenarmi con costanza.

(Ovviamente passai anche quella benedetta maturità).

Iniziai a conoscere persone che lavoravano in palestra e ricominciai ad interessarmi.

Ma poco dopo ebbi una meravigliosa interruzione di questo percorso.
Aspettavo un bambino.
Diedi priorità alla sua nascita, com’era giusto fare e compiute le sue prime 3 settimane di vita ricominciai da capo.

Con ancora più grinta, con ancora più passione e con una nuova caratteristica: avevo l’amore negli occhi.

Negli ultimi anni avevo temprato la mia mente al punto da essere sicura che sarei finalmente riuscita a temprare anche il mio corpo.

Ero costante, ero brava e mi impegnavo molto. Ma ancora qualcosa mi mancava.

Tentai diverse vie con diversi allenatori, ma i risultati tardavano ad arrivare o le strade che tentavo di percorrere erano costellate di difficoltà o di follie controproducenti dettate da inefficienze e da programmazioni sbagliate.

Cambiai 3 allenatori prima di trovare quello che finalmente mi avrebbe portata su un palco.

Passarono mesi prima che ricominciassi a credere davvero che ci sarei salita, e poi alla fine credevo realmente di aver trovato la persona giusta.

Non mi importava più di niente, volevo quel palco più di ogni altra cosa.

L’ho desiderato più di quanto un bambino desidera l’arrivo di Babbo Natale.

L’ho desiderato talmente tanto intensamente che sarei stata pronta a tutto.

E quindi non feci altro che trasformarmi in un soldato, rispettai la dieta, rispettai ogni cosa, anche quelle folli, anche quelle insensate.

Con il passare dei mesi, il cambiare del mio corpo stava cambiando anche la mia vita fortificando ogni aspetto del mio carattere.

La metamorfosi reale, non avvenne fuori ma dentro di me.

Nell’accettazione delle regole, della rigidità e della disciplina.

Nell’aver superato i 200 km su un maledetto tappeto, nell’aver fatto più di 600 allenamenti in un anno.

Nell’aver pensato di chiedere la residenza in palestra.

Nell’accettazione della sveglia alle 4 per andare ad allenarsi anche sotto la pioggia, nell’accettazione di iniziare a lavorare già stanchi, e di andare a dormire con le endorfine del secondo allenamento della giornata appena finito che non conciliavano per niente il sonno neanche quando sapevo che a distanza di pochissimo sarebbe suonata un’altra sveglia e che sarei dovuta andare ad allenarmi di nuovo.

Nell’accettazione delle rinunce alle uscite con gli amici, a una pizza in compagnia, nel prepararsi le vaschette con i pasti per portarle in giro ovunque.

Nel mangiare pollo e merluzzo a colazione pranzo e cena.

Nel mangiare cibi freddi, insipidi e nel riuscire a ridere del fatto di aver pranzato da sola al mio compleanno mettendo una candelina sul petto di pollo.

La crescita dei miei muscoli e della mia forza fisica in realtà era solo una conseguenza di quello che avevo costruito all’interno della mia mente.

Ho detto che desideravo quel palco, ma in realtà non era più soltanto quel palco.

Desideravo una vita di palchi, una vita così.

Una vita da diversi, da incompresi forse, e sicuramente un po’ da matti.

Desideravo più di ogni altra cosa che arrivasse il giorno in cui mi sarei sorrisa guardandomi allo specchio, e questa volta sapevo che sarebbe arrivato perché notavo in me piccoli cambiamenti costanti.

In un anno di preparazione persi molte cose, amici che non capivano, parenti che non mi supportavano, e iniziai ad allontanare dalla mia vita cose e persone che avevano dimostrato di aver perso il valore che avevo attribuito loro.

Mi capita spesso di sentirmi dire che il Bodybuilding in realtà non è un vero sport, o che comunque uno sport individuale non sarà mai come uno sport di squadra.
Perché gli sport di squadra sanno insegnarti molto di più.

Ma credo fortemente questo: il Bodybuilding non è uno sport. Il Bodybuilding è LO SPORT.

L’allenamento mentale avviene prima, contemporaneamente e dopo quello fisico.

Senza forza mentale si crolla, senza vie di fuga.

E soprattutto credo che il Bodybuilding non sia uno sport individuale perché le persone che ti stanno accanto diventano molto più che dei semplici compagni di squadra.

Le rinunce fatte mi hanno permesso di creare legami indissolubili con persone a cui voglio soltanto dire GRAZIE.

Grazie di esserci stati.

Grazie di avermi fatta crescere.

Grazie per avermi sopportata.

Grazie per avermi supportata.

Un grazie speciale va all’uomo più piccolo e più grande del mondo: mio figlio Christian, che con un semplice sorriso riesce a far scomparire il dolore, il sudore e tutte le fatiche provate.

Un altro voglio dedicarlo alla mia famiglia, che si è occupata del piccolo durante le mie assenze con un amore e una pazienza impeccabili, permettendo a me di lavorare, di allenarmi e a lui di crescere in  maniera splendida e soprattutto felice.

Grazie ai miei compagni di allenamento e ai miei supporter in palestra e GRAZIE DI CUORE A:

  • La coppia più bella del Mondo, Antonietta e Gianni, due innamorati di 67 anni che hanno condiviso con me molteplici camminate sul tapis roulant.
  • A tutto il Team 20Hours che mi ha visto cambiare non smettendo mai di motivarmi: Manuele, Alessandro, Gabriele, Edoardo, Max
  • Ai miei amici quelli che si sono realmente dimostrati tali: Elena, Eugenio, Edoardo, Irene, Ruggero, Alessandro
  • A chiunque a suo modo abbia contribuito a farmi arrivare fin qui: Matteo Racchi, Nicola Saetta, Pino Palumbo
  • Alle mie sorelle, quelle che la vita non mi ha dato ma che mi sono scelta: Fernanda Pinto, Francesca Bonelli, Camilla Saad
  • Al PRO
  • Alla mia famiglia, quella non di sangue ma che è più vera di quella vera, alle persone che mi sono state accanto in ogni momento, quando avevo i crampi di fame, quando avevo bisogno di un abbraccio e quando non ne potevo più di niente ma che mi ha permesso di non smettere mai di voler fare una risata con loro: i miei colleghi. L’EGOTEAM.

Vi ricordate la storia di prima? Quel 28 Novembre 2011? È proprio da lì che è partito tutto, e quindi il GRAZIE più speciale va a Gio, quel simpatico sconosciuto che oggi ho l’onore di chiamare collega.

Lui più di tutti ha sopportato ogni malumore, ogni sofferenza, ha anche condiviso qualche pasto insipido e da quando mi conosce non ha mai smesso di credere in me.

Il successo è come un iceberg

 

 

 

Alla Gara alla fine sono soltanto arrivata terza, ma io quest’anno ho vinto molto di più.

Ho vinto perché faccio la vita che voglio, finalmente.

Ho vinto perché mi sono davvero vista bella, per la prima volta

Ho vinto contro un fibroma, che per via della mia forza bruta deve essersi spaventato e scappato via.

Io quest’anno ho vinto perché ho accanto persone così.
Non ci rinuncio però al mio primo posto, quindi sono già al lavoro per la prossima gara, questa volta con meno follia, con meno sofferenze, con più consapevolezza e soprattutto con più amore, che ho riscoperto anche per me stessa!

1 commento on "Il successo è come un iceberg"

Marco Caggiati - 27 giugno 2016 Rispondi

Stella, tu sei forte... Complimenti, fossi tuo padre..., sarei fiero di te e più vecchio . Brava, hai tutta la mia stima.

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