Imparare dal passato per ricordarsi nel futuro
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21 marzo 2017 - 13:39, by , in Crescita, No comments

Lei è stata una coordinatrice di EgoFormazione è la sorella di uno dei nosti tutor, ha creduto in questo gruppo ancora quando eravamo in tre a portarlo avanti, ma soprattutto è una grande amica.

Signore e signori con grande piacere ospitiamo sul blog Ego una special guest: Martina Melandri.


“Dove mi porterà questa università?” “Ma perché io devo studiare e i miei amici lavorano?” “Studio e lavoro e non ho mai tempo di divertirmi” “Forse farei meglio a lavorare”.

Forse, si. Oggi, sí, dopodomani pure.

E poi, poi un giorno ti svegli e ti rendi conto che giorno dopo giorno è passato un anno, lavori bene, ti impegni e ti sei fatto pure qualche amico tra i colleghi. Inizi a uscire con loro nei momenti liberi, ti fermi per un aperitivo a fine giornata. Vai pure in palestra con loro, ne avete trovata una attaccata al lavoro. Dopo l’allenamento, birretta e panino nel locale di fronte alla palestra, di fianco al lavoro. Sono le 10 di sera e hai lavorato, fatto attività fisica, pranzato e cenato, chiacchierato, riso e scherzato, faticato, vissuto dalle 8 del mattino nel raggio di un centinaio di metri. E così sarà domani.

Il lavoro rende liberi? Sono stata a visitare il campo di concentramento di Auschwitz, a 3km dal quale si trova Auschwitz II, meglio noto come Birkenau. Il primo nato a inizio della seconda guerra mondiale come campo di deportazione delle migliaia di politici polacchi che secondo il disegno di Hitler andavano esclusi, reclusi, annientati. Affollato presto il primo campo, aumentata la lista di persone pericolose da deportare (ebrei e rom in particolare) nacque Birkenau, 40 ettari.

All’arrivo la selezione: uomini da una parte, donne e bambini dall’altra. Per entrambi i gruppi così composti, seguiva un’ulteriore selezione: deboli e forti. Tradotto: morte immediata o sopravvivenza. Chi erano gli eletti per la sopravvivenza? Persone utili: a lavorare, a mantenere un’organizzazione precisa. Dalla prima scrematura, si salvavano i fisicamente forti, quelli in buona salute utilissimi per un lavoro manuale. Venivano usati per una media di tre mesi, dopodiché morivano, mandati a morire perché ormai indeboliti e malati, sacrificati dal lavorare senza cibo in precarie condizioni igieniche.

C’era tuttavia un gruppo di persone che riusciva a campare, e sopravvivere. I pochi sopravvissuti a quella selezione disumana furono quelli capaci di fare qualcosa, quelli che possedevano una particolare abilità, quelli che si distinguevano per la loro professione. Primo Levi era un chimico, era utile, non ha vissuto il campo in attesa di morire da un momento all’altro, al contrario, ha lavorato come chimico nell’adiacente fabbrica, e si è salvato. Chi conosceva una seconda lingua si è salvato. Chi sapeva suonare uno strumento musicale si è salvato. Esisteva la figura del “capo”, un supervisore scelto ed eletto grazie a una sua particolare abilità: per esempio, era un contabile, una persona cioè abituata a un certo rigore che quindi serviva e che quindi, grazie alla sua abilità, godeva di privilegi esclusivi: non dormiva in un letto con altri tre il più delle volte malati, ma aveva la sua stanza, il suo lavatoio, più cibo.

Fermiamoci qui.

L’intento di questa digressione non è soffermarmi sulle atrocità, al contrario, suggerire, ispirare, trasmettere quella illuminazione positiva che mi ha colpito nel momento in cui i miei occhi vedevano questa storia. Mi sono illuminata, assolutamente, e finalmente! Ecco la risposta alle domande iniziali, domande che io come tutti mi sono posta, e non solo una volta.
Certo il contesto è differente, per fortuna siamo, siete, già sopravvissuti a quella tragedia. Eppure possiamo trasportare quella situazione nel nostro contemporaneo. Del resto la tragedia dell’olocausto non è successa nel Medioevo, ma 70 anni fa appena.
Imparate una lingua, appassionatevi alle vostre materie, fatene un mestiere, abbiate fame di sapere e di apprendere, siate curiosi. Distinguetevi, e sarete liberi. Studiare e formarsi non è il modo di fare soldi. È il modo di essere diversi, di distinguersi, di non essere deboli. Essere forti poi vi porterà ad affrontare il resto senza essere trascinati nel vortice, senza ridurvi a un lavoro che vi chiuderà in un raggio di un centinaio di metri.
Ho pensato tanto a quando studiavo, e ho pensato che questa illuminazione altro non è che quello che il corso di memoria mi ha permesso di capire. Ho chiamato Giovanni, avevo bisogno di condividere questa illuminazione con qualcuno che capisse di cosa stavo parlando. Giovanni mi ha chiesto di scriverla nero su bianco per voi, ed eccola qua.
Ora so di averla condivisa con molte altre persone che non conosco ma che sono sicura capiranno.

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